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Convegno Matteo Olivero



Lunedì 13 agosto 2012
Ricordo di Matteo Olivero, grande pittore di Acceglio
A 80 ANNI DALLA SCOMPARSA DEL GRANDE PITTORE
UN RICORDO DA PARTE DEL SUO PAESE E DELLA VALLE MAIRA

Acceglio ha ricordato Matteo Olivero, il “suo” pittore, su iniziativa della PROLOCO O’BACCO di Frere, con la collaborazione della Comunità Montana valli Maira e Grana, del Comune di Acceglio e di Maira S.p.a.
Lunedì 13 agosto, alle ore 10 è stata scoperta una targa ricordo a Pratorotondo, sua borgata natale.
Nel pomeriggio, dalle ore 17, nella Sala Polivalente in borgata Frere, si è tenuta una conferenza a cura del critico d'arte e scrittore Roberto Baravalle, con proiezione di numerose immagini riguardanti la vita e le opere dell'artista.
Sono state presentate una serie di riproduzioni dei suoi lavori che saranno collocate a partire dall'autunno a San Damiano Macra, in modo da sottolineare il legame tra lui e l'alta Valle Maira.
Matteo Olivero (Acceglio 1879 – Saluzzo 1932) è, con ogni probabilità, l'artista moderno più importante che la Provincia di Cuneo annoveri. Sicuramente, il maggior pittore “di montagna” di tutti i tempi attivo nella Granda, uno degli esponenti più importanti del Divisionismo italiano, la corrente pittorica alla quale fu sempre indissolubilmente legato.
Altro legame indissolubile fu quello con le montagne tra le quali era nato e alle quali ritornò con regolare frequenza per tutta la vita, tra un soggiorno a Torino e uno a Venezia, tra una mostra a Parigi o a Bruxelles, tra una Biennale e una Quadriennale, alternando Acceglio con le lunghe permanenze a Saluzzo e in Valle Varaita, raccogliendo successi e riconoscimenti, ma anche amarezze e delusioni.
Problemi che si stemperavano però tra le vette e i pascoli dell'Alta Valle Maira, dove ritrovava, almeno transitoriamente, il proprio equilibrio e dove realizzò tanti capolavori, osservando il sole, la luce, la neve, estraendo dalla sua tavolozza i magici blu, i viola, i verdi. In grandi composizioni, preparate per le esposizioni importanti o in piccole tavolette, magistralmente e rapidamente dipinte.
“La maggior parte dei miei quadri di paesaggio li ho eseguiti nell'alta valle Macra; e direttamente dal vero; la natura solo mi è maestra” scriveva Olivero nel 1908, in una sua breve autobiografia.
“In Matteo Olivero l'amore per la montagna è un trasporto viscerale, s'identifica con il culto per le proprie radici” ha scritto nel 1994 Giuseppe Luigi Marini lo studioso che, assieme ad Angelo Dragone e a Miche Berra, è stato colui che più a fondo si è occupato dell'artista, contribuendo – tutti, se pure in modo diverso - alla promozione di Olivero da artista di grande successo “provinciale” alla dimensione nazionale.
Ebbe in vita amicizie importanti, appoggi e riconoscimenti, dai coniugi Galimberti al senatore Burgo, presso la cui casa amica compì il gesto estremo che doveva portarlo alla morte ma negli Anni Trenta, altri erano i gusti e le tendenze in Italia. Persona buona, “alla mano”, sempre disponibile, buon compagno, era però travagliato da ansie profonde. Il rapporto intensissimo con la madre, che tanto lo aveva sostenuto e aiutato, si interruppe alla morte di questa nel 1930 e Olivero si sentì solo. Nella montagna cercò ancora conforto ma il suo destino, evidentemente, lo chiamava. Dopo la sua morte, sul suo cavalletto, fu rinvenuto un quadro che ritraeva un paesaggio alpestre.
Acceglio vuole ricordare questo suo figlio, grande e sfortunato, cultore delle nostre montagne, osservatore, frequentatore della poesia che da esse traspare e che, ancora oggi, molti cercano e, se sanno mettersi nel giusto atteggiamento, trovano.


 


Ha collaborato all'allestimento della mostra e all'organizzazione della manifestazione: Dario Ghibaudo, estimatore della pittura dell' 800 / 900. La parte video-immagine della mostra è stata curata dallo studio San Firmino ( Manta ) di Ugo Giletta.


Resoconto del convegno dedicato a Matteo Olivero, a cura di  Monica Rosano




 


MATTEO OLIVERO: IO, NELLA MIA IMMAGINE INTRICATA
Nei primi anni di scuola mi accadeva talvolta di entrare nella sala consiliare del municipio di Acceglio e, voltandomi, di soffermarmi con lo sguardo per qualche istante su un maestoso quadro, raffigurante in primo piano un uomo con un cilindro con qualcosa di familiare e sullo sfondo un palazzo col sapore di forestiero, di stranamente lontano nel tempo e nello spazio dalla Val Maira. Osservavo e mi bastava.


Scoprivo di lì a qualche anno che si trattava di un dipinto di Matteo Olivero.


Poi, il 13 agosto 2012, sono entrata con dovizia di dettaglio nella biografia e nelle opere di Matteo Olivero, grazie a un convegno tenutosi nella sala polivalente di Frere sotto il patrocinio della Comunità Montana, del Comune di Acceglio e della società Maira S.p.A.. L’iniziativa è firmata Rita Cesano e Fortunato Bonelli ed ha visto l’intervento – tra gli altri - del critico d’arte e scrittore Roberto Baravalle . L'evento è stato organizzato dall'Associazione O’Bacco sotto la direzione di Antonio Sonzini : un'aggregazione sorta recentemente di giovani volontari super-organizzati che a tempo - più pieno che libero - promuovono, realizzano e curano svariate iniziative: dal ballo alla presentazione di concerti di diverso genere musicale, dalla proiezione di film a eventi di intrattenimento ludico. Requisiti per accedervi: intraprendenza ed entusiasmo, responsabilità e presenza, inventiva e spirito libero. Pare, infatti, che la montagna “guarisca” dal male della rassegnazione, che colpisce il nostro Paese e le sue giovani generazioni, sempre più spesso tacciate di disimpegno.


La percezione è che al di là di ogni frammentazione territoriale, culturale e di appartenenza, si inizi a unire le forze nello spirito delle storiche associazioni di mutuo soccorso, al fine di concentrare l’attenzione su un elemento che sia - di volta in volta - di vero interesse per tutti. In questo caso il faro è stato puntato sulla presenza scenica di un pittore: il cosiddetto “pittore della neve”, di cui Nino Tagliano nella propria breve biografia fornisce una lettura più intimistica, descrivendo gli entusiasmi, ma anche i turbamenti e le inquietudini, alla luce delle circostanze e degli eventi che ne formarono prima l’uomo e i carattere ed infine l’artista.


Correva l'Anno Domini 1879 quando in una piccola borgata della Valle Maira – Pratorotondo - veniva alla luce Matteo Olivero in una giornata di metà giugno. Una vita travagliata sin dalla nascita: l'assenza di un padre più anziano della madre di quasi trent’anni, di professione marinaio (come molti altri viaggiatori della Val Maira che commerciavano acciughe, capelli, ecc), morto quando il figlio aveva soltanto due anni e controbilanciata dalla presenza di una madre tenace, capace di regalare fiducia a un figlio e all'arte, come se l'arte allora (ma ciò vale anche oggi) potesse garantire la sopravvivenza, tanto nella realtà quanto nel giudizio della gente.


Una madre-donna audace e lungimirante di un uomo-figlio talentuoso.


Per consentirgli gli studi, la madre si trasferisce ben presto a fondo valle, poi a Cuneo e a Torino dove Matteo Olivero si iscrisse all'Accademia Albertina e fu allievo di Andrea Tavernier, P. Celestino Gilardi, Giacomo Grosso e Leonardo Bistolfi.


Inizia così la sua carriera di pittore: tra un viaggio a Torino e uno a Venezia, tra un’esposizione a Genova, Roma, Parigi, Ginevra, Monaco di Baviera o a Bruxelles, tra una Biennale a Venezia e una Triennale a Milano, alternando Acceglio con le lunghe permanenze a Saluzzo, in Valle Varaita o in Val Po, Matteo Olivero raccoglie successi e riconoscimenti, amarezze e delusioni, ma mantiene un legame strettissimo con le proprie radici: quelle montagne in cui era nato e alle quali ritornò spesso lungo tutto il corso della propria esistenza. Il pittore scrisse nel 1908 “La maggior parte dei miei quadri di paesaggio li ho eseguiti nell'alta valle Macra; e direttamente dal vero; la natura solo mi è maestra”.


Dal pennello sulla tavolozza non scivola via olio: scivola via - con nettezza e luminosità – poesia, neve che scintilla [La solitudine, Collezione privata] e aria che rende viola l'orizzonte all'imbrunire [Il sole a Ussolo, Collezione privata; Mattino: alta Valle Macra, Saluzzo, Comune], perché i colori freddi in qualche modo prevalgono sempre. E chi vive in Val Maira - o chi comunque la osserva attentamente - lo sa. A ciò si aggiunga che il veder rappresentato su una tela un luogo familiare - rimasto invariato o al contrario mutato nel tempo – è un’emozione senza prezzo.


Amico di Pellizza da Volpedo, negli ultimi anni il pittore dipinse numerose tele di figura, chiaramente ispirate alle tecniche pellizziane, tra cui Le fucine di Dronero (Leningrado, Galleria Yaroschenko); Funerale a Casteldelfino (Cuneo, Museo Civico); Mia madre e Paesaggio con autoritratto (Torino, Galleria d'Arte moderna). Matteo Olivero dichiarava di concepire la corrente pittorica del Divisionismo come lo sentiva e come lo vedeva, perché amava essere personale. La sua interpretazione del Divisionismo - considerata viceversa “ortodossa e reazionaria” - spinge gli organizzatori della Biennale ad escluderlo dall’evento: con un’ironia degna di nota si auto-riproduce sulla tela Uno strambo in Piazza San Marco (Acceglio, Comune).


La depressione conseguente alla morte della madre e al mancato riconoscimento artistico nell’ultimo periodo della sua vita non sarà neppure attenuata dall’ospitalità riservatagli dalla famiglia Burgo di Verzuolo e Matteo Olivero il 28 aprile 1932 - come scrive Angelo Dragone nella monografia del pittore - “da un abbaino della casa amica si lascia cadere nel vuoto” e muore a Saluzzo nella stessa giornata.


Dopo la sua morte, sul cavalletto nel suo studiolo, è stato ritrovato un quadro che ritraeva un paesaggio di montagna.

La Val Maira e la sua gente vogliono mantenere vivo il ricordo di questo accorto osservatore delle nostre vallate, come lo dimostra l’attenzione, la presenza numerosa del pubblico e il calore riservato al pittore in occasione della conferenza, l’esposizione presso gli esercenti della Val Maira delle riproduzioni presentate nel corso del convegno e la mostra permanente allestita presso il Museo d’Arte Sacra di Acceglio.


D’altro canto Matteo Olivero si merita appieno questo impegno e questa attenzione.


Osservavo e mi bastava. Ora - grazie a queste iniziative - osservo e aggiungo elementi di rilievo alle mie conoscenze sull’arte e sulla vita di un artista. Il pittore della neve trasmette passione per la natura, invita a utilizzare maggiormente i sensi per aprirsi alle emozioni, in un trait-d’union tra l’ambiente circostante e il sentimento, così da trarre da una visione nitida e ben delineata del particolare un effetto generale di luce e colori. C. G. Jung scriveva che “dobbiamo trattare i sogni tenendo conto delle sfumature, dobbiamo trattarli come un’opera d’arte; non in modo logico e razionale, nel modo cioè in cui si può fare una dichiarazione, ma con un certo ritegno e con una certa delicatezza. E’ l’arte creativa della natura a creare il sogno”.


Le montagne non necessariamente delimitano gli orizzonti: le montagne possono spingere alla curiosità, alla conoscenza e a volte anche oltre, verso l’originalità e verso un pizzico di stramberia quando la situazione lo richiede.





IL PRESIDENTE DELL’ASSOCIAZIONE PROLOCO O’BACCO Antonio Sonzini COGLIE L’OCCASIONE PER RINGRAZIARE il Presidente della Comunità Montana Valli Grana e Maira Roberto Colombero , il Presidente della Maira spa Eugenio Rosano , il comune di Acceglio ed in particolare l'assessore al turismo Fabrizio Fea , il sindaco di Saluzzo Paolo Allemano , l'estimatore dei quadri di Olivero Nino Tagliano e il critico-scrittore Roberto Baravalle e Laura Colombero per la lettura dei testi, Fortunato e Rita Bonelli per l’allestimento, Dario Ghibaudo e Ugo Giletta per l’ottima regia prima e durante la conferenza, LA CASSA DI RISPARMIO DI SAVIGLIANO e tutti gli esercenti che, con l’esposizione delle tele e l’offerta di prodotti locali, hanno contribuito alla realizzazione dell’iniziativa.





LA COMMEMORAZIONE DI MATTEO OLIVERO CONTINUERA’ IN AUTUNNO PRESSO L’INFO POINT MAIRA ACQUA FUTURO DI SAN DAMIANO MACRA



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